"La cosa più molle al mondo si precipita contro la cosa più dura al mondo. Niente al mondo è più molle e debole dell'acqua; ma nell'avventarsi contro ciò che è duro e forte, niente può superarlo. Senza sostanza, essa penetra in ciò che non ha interstizi…"(Tao,20,(1))


L'Acqua è la principale fonte di vita sul nostro pianeta, non può esistere niente senza di essa e assume per noi un significato talmente importante, fin dalle origini dell'uomo, da averla associata a tutti i simboli fondamentali, sia religiosi che culturali. Più che mai adesso è un elemento prezioso, in un momento storico in cui il cambiamento di clima causato dall'inquinamento, ha portato alla desertificazione di intere regioni del mondo e costretto migliaia di persone ad emigrare: tanto, ormai, da essere considerata il "nuovo oro nero" e da spingerci a cercarla anche su Marte.

L' Acqua ci influenza a livello materiale, come sopravvivenza del nostro corpo nell'ambiente e come cibo interiore, spirituale e simbolico. Praticamente tutte le religioni traggono origine dall'acqua o usano l'acqua come riferimento allegorico: per i Greci il mare era simbolo di nascita, Talete sosteneva che la Terra fosse un disco ondulato che galleggia sul fiume Oceano e per lui l'acqua è l'ARCHE', l'elemento primordiale, origine di tutte le cose, siccome tutto è fatto d'acqua e tutto vi fa ritorno. Per gli Indù il Gange è il fiume sacro e una volta l'anno i pellegrini vi si bagnano per purificarsi, Mosè fu portato dalle acque del Nilo e, attraversando il Mar Rosso, guidò il popolo d'Israele verso la Terra Promessa e Cristo che nacque a nuova vita con il Battesimo nel Giordano  dice a Nicodemo "…In verità, in verità io ti dico: chi non nasce per acqua e spirito non può entrare nel regno di Dio…"(Giovanni, 3,3-4,5). I Cristiani collegarono la Madre di Dio all'acqua creando un inno che inizia con "Ave maris stella", i Cattolici hanno "l'acqua benedetta" a cui aggiungono sale per trasformarla in acqua fecondatrice o acqua di mare. Ardivi in persiano significa sorgente contenente acqua di vita, nell'Islam la preghiera che si fa 5 volte al giorno comporta di lavarsi sempre collo, faccia, braccia fino al gomito, gambe fino al ginocchio perché Dio ama i "belli". Nel Buddismo il candido fiore di Loto nasce dalle acque melmose dello stagno e la Fede perfetta è come l'acqua che scorre limpida e costante adattandosi all'ambiente, nel Tao cinese è scritto"…La bontà suprema è come l'acqua. La "bontà" dell'acqua consiste nel fatto che essa reca profitto ai diecimila esseri senza lottare. Essa resta nel posto (il più basso) che ogni uomo detesta. Ecco perché è molto vicina alla via…"(.Tao, 21 (2)). Nei miti, i Draghi vivono nei corsi d'acqua o nei guadi, le Naiadi e i serpenti acquatici nei gorghi e nelle profondità del mare.

In generale l'acqua ha funzione purificatrice, corporea e morale, così come rinascita spirituale, ad esempio nei Promessi Sposi del Manzoni la pioggia lava la città e si porta via la peste. L'acqua però è anche simbolo di Morte, che è poi una nuova Vita, come il fiume Stige attraverso cui Caronte traghetta le anime dei defunti. Nell'Oroscopo sono contenuti tutti gli elementi inclusa l'acqua, i cui segni specifici sono Cancro, Scorpione e Pesci così come nell'I Ching, strumento filosofico-religioso cinese di divinazione, dove l'acqua, a seconda degli esagrammi "…continua a scorrere e riempie tutti i punti che tocca; non rifugge da nessun punto pericoloso, da nessuna caduta, e non perde per nessun motivo la sua natura essenziale.."(29. L'Abissale (3)), "..Quando l'acqua nella caldaia sta sospesa sopra il fuoco i due elementi sono in rapporto, e questo produce forza. Ma la tensione che ne nasce impone prudenza. Se l'acqua trabocca il fuoco viene spento, e l'effetto della sua forza va perduto. Se il calore è troppo forte l'acqua evapora perdendosi nell'aria.."(63. Dopo il compimento(4)).
Per quanto riguarda la psicanalisi Carl G. Jung nel suo Gli archetipi e l'inconscio collettivo(Torino, Boringhieri, 1980), afferma:".. L'acqua è il simbolo più corrente dell'inconscio…Psicologicamente, quindi, l'acqua significa: spirito divenuto inconscio…

L'acqua è invece tangibilmente terrena, è la fluidità del corpo governato dall'istinto, è il sangue che scorre, l'odore della bestia, la corporeità gravida di passioni. L'inconscio è la psiche che dalla luce di una coscienza spiritualmente e moralmente lucida scende nel sistema nervoso chiamato, fin dall'antichità, "simpatico" il quale non governa, come il sistema cerebrospinale, l'attività percettiva e muscolare dominando lo spazio circostante, ma mantiene, senza organi di senso, l'equilibrio della vita e, non soltanto ci trasmette per vie misteriose e tramite stimoli sintonici (ciò che è in sintonia) la conoscenza della natura intima della vita di altri esseri, ma irraggia anche su questi la sua azione interiore. Esso è in questo senso un sistema estremamente collettivo, la vera e propria base di ogni partecipation mystique, laddove la funzione cerebrospinale culmina nella separazione delle qualità specifiche dell'Io, e attraverso l'intermediario spaziale si limita a riconoscere il superficiale e l'esterno. La funzione cerebrospinale sperimenta tutto come esteriorità; il simpatico come interiorità. Ora, l'inconscio, abitualmente appare come una sorta di frammento incapsulato della nostra vita più personale e più intima, qualcosa che la Bibbia chiama "cuore" e che interpreta, tra l'altro, come l'origine di tutti i cattivi pensieri. I recessi del cuore sarebbero abitati da spiriti malvagi assetati di sangue, furia repentina e debolezza sensuale. Così appare l'inconscio visto dalla coscienza. Ma la coscienza stessa sembra essere essenzialmente una funzione cerebrale che tutto dissocia e vede per particolari, e quindi anche l'inconscio, considerato in assoluto come il "mio" inconscio. Perciò si pensa generalmente che chi scende nell'inconscio cada nelle tormentose pastoie della soggettività egocentrica e sia esposto, in quella via senza uscita, all'assalto di tutte le belve che si suppone popolino l'antro del mondo psichico sotterraneo. Chi guarda nello specchio dell'acqua vede per prima cosa, è vero, la propria immagine. Chi va verso sé stesso rischia l'incontro con sé stesso. Lo specchio non lusinga; mostra fedelmente ciò che in esso riflette, e cioè il volto che non esponiamo mai al mondo perché lo veliamo per mezzo della Persona, la maschera dell'attore. Ma dietro la maschera c'è lo specchio da cui il vero volto traspare. E' questa la prima prova di coraggio da affrontare sulla via interiore, una prova che basta a far desistere, spaventata, la maggior parte degli uomini. L'incontro con sé stessi è infatti una delle esperienze più sgradevoli, alle quali si sfugge proiettando tutto ciò che è negativo sul mondo che ci circonda.

Chi è in condizione di vedere la propria Ombra e di sopportarne la conoscenza ha già assolto una piccola parte del compito: ha perlomeno fatto affiorare l'inconscio personale. Ma l'Ombra è parte viva della personalità e con questa vuol vivere sotto qualche forma. Non si può confutarne l'esistenza con argomenti, né con argomenti la si può rendere innocua. Si tratta di un problema estremamente difficile che non soltanto mette in causa l'uomo intero, ma gli ricorda al tempo stesso la sua impotenza e incapacità. Le nature forti - o dovremmo piuttosto dire deboli? - non amano sentirsi porre questo problema: preferiscono escogitare un qualche "al di là del bene e del male", e tagliano il nodo gordiano anziché scioglierlo. Ma presto o tardi il conto dev'esser saldato, e siamo costretti a confessare a noi stessi che esistono problemi assolutamente insolubili con i nostri mezzi. Una simile ammissione, che ha il vantaggio di essere onesta, sincera e reale, permette di porre la base per una reazione compensatoria da parte dell'inconscio collettivo: ecco che adesso ci sentiamo inclini a prestare orecchio a un'idea utile o a percepire pensieri a cui prima non permettevamo di formularsi. E magari facciamo attenzione ai sogni che si verificano in quel momento o riflettiamo a certi eventi che si producono in noi proprio allora. Se assumiamo un simile atteggiamento, forze soccorritrici sopite nei più profondi recessi della natura umana si destano e intervengono, poiché impotenza e debolezza sono l'esperienza eterna e l'eterno problema dell'umanità, per il quale esiste anche un'eterna risposta, altrimenti l'uomo sarebbe già da tempo perito. Quando si è fatto tutto quello che si poteva fare, non rimane altro che quello che si potrebbe fare ancora, se si sapesse. Ma quanto sa di sé stesso l'uomo? A quel che ci dice l'esperienza, ben poco. Perciò rimane ancora molto spazio per l'inconscio. La preghiera, come è noto, richiede un atteggiamento molto simile, e ha quindi anche una pari efficacia. La necessaria, indispensabile reazione dell'inconscio collettivo si esprime in rappresentazioni di forma archetipica. L'incontro con sé stessi significa anzitutto l'incontro con la propria Ombra. L'Ombra è, in verità, come una gola montana, una porta angusta la cui stretta non è risparmiata a chiunque discenda alla profonda sorgente. Ma dobbiamo imparare a conoscere noi stessi per sapere chi siamo, poiché inaspettatamente al di là della porta si spalanca una illimitata distesa, piena di inaudita indeterminatezza, priva in apparenza di interno e di esterno, di alto e di basso, di qua e di là, di mio e di tuo, di buono e di cattivo.

E' il mondo dell'acqua, in cui è sospesa, fluttua ogni vita, dove comincia il regno del "simpatico", l'anima di tutto ciò che è vivo, dove io sono inseparabilmente questo e quello, dove io sperimento in me l'altro e l'altro-da-me sperimenta sé stesso. L'inconscio collettivo non è affatto un sistema personale incapsulato, è oggettività ampia come il mondo, aperta al mondo. Io vi sono l'oggetto di tutti i soggetti, nel più pieno rovesciamento della mia coscienza abituale, dove io sono sempre soggetto che "ha" oggetti; là mi trovo talmente e direttamente collegato con il mondo intero che dimentico (anche troppo facilmente) chi io sia in realtà. "Perduto in sé stesso" è un'espressione efficace per descrivere questo stato. Ma se una coscienza potesse vedere questo "sé stesso", vedrebbe il mondo, o un mondo. Ecco perché dobbiamo sapere chi siamo. Basta infatti che l'inconscio ci sfiori, perché noi ci trasformiamo in esso, in quanto diveniamo inconsci di noi stessi. E' questo il pericolo primigenio, istintivamente noto e oggetto di terrore per il primitivo che si trova ancora così vicino a questo pleroma (principio primo dell'universo). La sua coscienza è ancora insicura e poggia su basi barcollanti: è ancora infantile, appena emersa dalle acque primordiali. E' facile che un'ondata dell'inconscio la travolga, e che egli dimentichi chi è, e faccia allora cose nelle quali non si riconosce. Perciò i primitivi temono gli affetti incontrollati, nei quali più che facilmente la coscienza naufraga cadendo in preda a fenomeni di possessione. Per questo gli sforzi dell'umanità sono stati interamente volti al consolidamento della coscienza mediante i riti, le reprèsentations collectives e i dogmi: che erano le dighe, le muraglie erette contro i pericoli dell'inconscio, i perils of the soul…..Per quanto riguarda la coscienza, siamo padroni di noi stessi, sembriamo addirittura noi i "fattori" (dèi); ma se varchiamo la porta dell'ombra, ci accorgiamo con spavento che di questi "fattori" siamo oggetto. Apprendere questa verità è decisamente sgradevole; nulla ci delude più della scoperta della nostra insufficienza. Essa può perfino far nascere un panico primitivo, in quanto la supremazia della coscienza, oggetto della nostra fede e della nostra timorosa cura, segreto del successo umano, si trova pericolosamente messa in dubbio. Siccome però l'ignoranza non è garanzia di sicurezza, ma anzi aumenta l'insicurezza, è molto meglio, nonostante la paura, renderci conto che siamo minacciati. Un problema ben impostato è già mezzo risolto. In ogni caso, sappiamo allora che il pericolo maggiore che ci minaccia sta nel non poter prevedere le reazioni della psiche…".
Sempre Jung nel suo Simboli della Trasformazione (Bollati Boringhieri, 1992) : "…Le acque nere della morte sono acque di vita, la morte con il suo freddo amplesso è il grembo materno, come il mare che pur inghiottendo il sole, lo ridà alla luce traendolo dal suo grembo materno. La vita non conosce morte…La proiezione dell'imago sull'acqua conferisce a quest'ultima una serie di qualità luminose o magiche, peculiari della madre. Il simbolismo dell'acqua battesimale della Chiesa ne è un buon esempio. Nei sogni e nelle fantasie il mare, o una qualsiasi vasta distesa d'acqua, significa inconscio. L'aspetto materno dell'acqua coincide con la natura dell'inconscio, in quanto quest'ultimo (specialmente nell'uomo) può essere considerato madre o matrice della coscienza. In tal modo l'inconscio, quando interpretato in riferimento al soggetto, ha al pari dell'acqua significato materno…".

 


(1) Zhong Guo Cina, Associazione Italia Cina, Tao, 20, sito Internet.
(2) Ibidem Tao, 21.
(3) I ching-Il Libro dei Mutamenti, prefazione di C.G.Jung, Adelphi Edizioni, Milano, 1991.
(4) Ibidem.