"…Noi non siamo che fanciulli invecchiati che la sera vanno a letto arrabbiati…" (5)

Il titolo di questo lavoro è molto pretenzioso, ma corrisponde per metà al vero. Non è mia intenzione presentare un lavoro dettagliato e accurato dal punto di vista medico, sia perché non ne ho i mezzi e perché credo che non sia realmente possibile scarnificare solo razionalmente l'opera di un artista ma intuire e sentire il suo lavoro, così che possa servire a ognuno, individualmente, anche per poter riflettere su di esso e su di noi.
Quando ho iniziato a documentarmi sui testi specifici di psicanalisi è stato sconvolgente: ero quasi digiuna della materia se non per elementari cognizioni, così ho deciso di orientarmi verso Carl Gustav Jung (1875-1961) perché sentivo che era più vicino a me come, in effetti, è stato.

Jung è molto meno legato a una visione razionale e un po' asettica dell'analisi e viene posto come antitesi di Freud. Oltre a scrivere in modo comprensibile pure per chi non è strettamente del settore, è anche molto simpatico e "umano". Leggere i suoi libri mi ha aperto un mondo nuovo che, a livello intuitivo, già conoscevo, ma mancava di certi particolari che, come sempre succede, erano importanti se non fondamentali.
Devo ammettere che questo genere di lettura deve essere affrontata a piccole dosi, perché, in effetti, anche per una come me, che abitualmente fa eccessiva introspezione, vedere le propie nevrosi spiattellate nero su bianco e conoscere il meccanismo dei propri traumi psichici dà un certo sfasamento, così come cercare di sfuggire con tutte le proprie forze da sé stessi. Jung mi piace perché non esclude nessun fattore della vita dell'uomo, sia religioso, che "mitico"; inserisce nell'analisi elementi considerati mistici, quindi lontani da ogni spiegazione logica perché sostiene che l'uomo è costruito per credere e considera l'irrazionale come elemento sostanziale della vita. Personalmente è stata una grande scoperta e consiglio queste letture, che possono essere interpretate sia come approfondimento e sostegno per sé stessi che come letture dell'orrore. Credo che fra tutti, Jung sia il medico più ragionevole perché è quello che si allontana di più dal raziocinio: comunque sono certa che la scienza è limitata e i confini dell'uomo sono senza limiti e poi, spesso è priva di ironia che è, secondo me, necessaria alla sopravvivenza.
Quando ero piccola avevo un portafoglio di plastica con su stampata l'immagine di Alice insieme ai personaggi delle sue avventure e ce l' ho ancora, in buone condizioni. Però è stato da grande che ho letto il libro, quello in edizione integrale, seguendo le orme dei Beatles e da lì non ho più smesso di amare Alice, forse perché è stato come seguire il filo logico della mia vita e anche ora, nonostante l'età, continuo a sentirmi vicina a lei e al suo stupore. Perciò si può dire che le avventure di Alice si siano stampate nella mia psiche perché le ho collegate a qualcosa di mio. Da un punto di vista medico è senz'altro vero, ma io sono convinta, e non è solo una mia opinione, che in tutto e, quindi anche in noi stessi, esiste qualcosa di inspiegabile, mistico, impossibile da raggiungere fino in fondo e che, ancora, compresa la psicanalisi, non disponiamo delle capacità per farlo: sono le sensazioni, gli affetti, le intuizioni, quello che ci sforziamo di razionalizzare con i processi mentali o con le sostanze chimiche del cervello solo perché ci fa veramente paura. Molti oggetti a cui sono legata hanno per me un significato affettivo e, per la psicanalisi, questo è un atteggiamento tipico di chi ha vissuto carenze di amore, creandosi l'amico immaginario. Molte cose di quando ero bambina sono vive e forti ancora oggi e sento che rimarranno sempre parte del mio background e credo sia così un po' per tutti.
Penso che tutti abbiano sentito parlare almeno una volta di Alice, oppure, da piccoli, abbiano letto i libri-riassunto del romanzo o visto la versione cartoon di Disney. Alice, in qualche modo, è entrata a far parte della nostra cultura sia per la sua potente espressività creativa che ben si adatta a diversi contesti e modi di vivere, sia come viaggio allucinatorio e un po' psichedelico e anche per i suoi personaggi affascinanti e terribili al tempo stesso: il Bianconiglio che corre e corre, il Cappellaio, il Gatto, la Regina crudele e, naturalmente, Alice stessa, una bambina qualsiasi che vive straordinarie avventure, di cui, non riesce a capire granchè, né mentre le sta vivendo e neanche dopo, rimanendo esattamente la stessa come sostanza: pura e intoccabile. In altre parole è diventata un Archetipo della nostra cultura.

Jung spiega nel suo Gli Archetipi dell'inconscio collettivo (Biblioteca Boringhieri, Torino,1988):"..Il concetto di archetipo, che è indispensabile correlato dell'idea di inconscio collettivo, indica l'esistenza nella psiche di forme determinate che sembrano essere presenti sempre e dovunque. La ricerca mitologica le chiama "motivi"…Gli Archetipi sono complessi di esperienza che sopravvengono fatalmente, e il cui effetto si fa sentire nella nostra vita più personale…L'archetipo rappresenta in sostanza un contenuto inconscio che si è trasformato attraverso una presa di coscienza e per il fatto di essere stato percepito, e ciò proprio nel senso di quella consapevolezza individuale nella quale si manifesta…".
Sono molti i riferimenti ad Alice che si trovano in musica, come nei Beatles, o nel cinema, in canzoni come Lucy in the sky with diamonds (dall'album Sgt. Peppers's Lonely Hearts Club Band, 1967) dove John Lennon inserisce diversi riferimenti ad Alice nel Mondo dello Specchio. Altri riferimenti si trovano nella canzone I'm the Walrus (album Magical Mystery Tour, 1967), in cui scrive riferendosi alla poesia del Tricheco e il Falegname (The Walrus and the Carpenter), contenuta nel cap. 4° del suddetto libro (il Tricheco compare anche in copertina dell'album, in cui i quattro si travestono) e inserendo anche il ritornello "l'uomo-uovo" cioè Tombolo Dondolo (Humpy Dumpy), l'uovo con sembianze umane contenuto nel cap. 6°. Nel cinema l'ultimo esempio è Matrix (Warner Bros, 1999), film di culto con Keanu Reeves, in cui i riferimenti ad Alice nel Paese delle Meraviglie iniziano dal protagonista, Neo, sorta di Alice, che cade nella "tana del Bianconiglio" per scoprire cosa è Matrix e anche sé stesso, oppure Donnie Darko, dove Donnie, altro Alice maschio, segue un individuo travestito da coniglio terrifico che lo guida verso dimensioni di spazio-tempo parallele e lo risveglia alla sua missione. Anche i video musicali, nel corso degli anni fino ad oggi hanno attinto ad entrambi gli episodi di Alice.
Consiglio a chi ignora queste opere di ascoltarsele e guardarle e chi lo ha già fatto e magari non se le ricorda di dargli un'altra occhiata: le grandi opere cambiano e si adattano a diversi momenti della vita pur rimanendo le stesse. Come per le favole classiche che, spesso, si ha l'errata convinzione di considerarle solo per bambini (è più "comodo" valutarle tali), oppure si rimane imbrigliati nell'impressione che ne abbiamo avuto da piccoli, così anche per le avventure di Alice la lettura da adulti assume altre caratteristiche. Da piccoli si bevono tutte le informazioni senza filtri e i libri si leggono attraverso le sensazioni, mentre da grandi tutti si affannano a dire che a una certa età bisogna diventare maturi e avere buon senso, (come se esistesse qualcuno che sa esattamente cosa vuole dire essere adulti e di buon senso, in modo valido per tutti quanti), così si tende a razionalizzare la maggior parte delle letture. L'ideale sarebbe riuscire ad accettare quella parte di noi che non cresce e non lo farà mai e armonizzare l'innocenza e la sincerità dell'infanzia con le nostre esperienze, con un po' di capacità di raziocinio e scoprire la realtà in modo nuovo, così come Alice attraverso il suo specchio, perché spesso sembra voler dire una cosa ma ne dice un'altra completamente diversa. Purtroppo bisogna tenere conto del fatto che l'innocenza è poco apprezzata nel mondo se non spudoratamente dileggiata, proprio perché rinnegata, e perché fa paura: tutto ciò che non contiene un secondo fine è sospetto, non ci si può fidare.

Il suo Autore è Lewis Carroll, pseudonimo di Charles Dodgson (1832-1898). Carroll era una persona particolare: lineamenti asimmetrici, balbuziente, nevrotico, con manie strane, addirittura sospetto di pedofilia per il suo particolare interesse per le bambine (note le sue foto di bambine anche travestite da contadinelle, straccione, che, ancora oggi, danno adito a considerarlo come uno dei simboli di certe discutibili particolarità). Esiste una disputa piuttosto accesa su questo punto: Carroll quando si trovava in compagnia delle sue giovani amiche non era più né timido né balbuziente e inventava per loro giochi, indovinelli e filastrocche. Scrisse le avventure di Alice prima come "giocattolo", poi come lettura educativa per l'infanzia: difatti la sua amica preferita era una bambina, Alice Liddell, una delle tre figlie del decano del college in cui l'Autore insegnava e, nonostante la differenza fisica, il personaggio di Alice è modellato sulla sua persona. All'inizio era, appunto, un piccolo libro scritto per lei con le illustrazione fatte da Carroll stesso, poi, su pressione degli amici che avevano letto il libro, l'Autore lo spedì a un editore, ampliato e con le illustrazioni di John Tenniel che sono quelle, ancora oggi pervenute a noi e che rendono iconograficamente riconoscibile Alice. La visione che Carroll dà dell'infanzia è rivoluzionaria dato che, durante l'età vittoriana, i bambini erano considerati come piccoli adulti, imprigionati in rigide regole. L'Autore valuta, invece, l'infanzia un'età d'oro, un mondo a parte, da difendere e conservare, gelidamente attaccato da una società adulta con princìpi senza senso, punizioni, oppressioni, moralità arcigna. Ne smantella e denuncia i metodi in funzione di una interpretazione ironica, soprattutto CAPOVOLTA, di questo mondo, dove la bambina è l'unica ad avere una visione sensata e lucida mentre tutti, pseudo-animali e pseudo-persone sembrano essere sfrenatamente dissennati. In Carroll niente è come sembra, tutto è scardinato dalle classiche convenzioni e dal suo supposto ruolo.
I romanzi su Alice sono due, il primo è Alice nel Paese delle Meraviglie (Alice's Adventures Underground - Le Avventure di Alice nel Sottosuolo, 1865) mentre il secondo, ideale seguito del primo è Alice nel Mondo dello Specchio (Through the Looking-Glass -Attraverso lo Specchio, 1871): Carroll mantiene Alice come protagonista e il proprio stile surreale e non-sense, sviluppandolo in una avventura a sé che è indipendente da quella precedente. Per la maggior parte è un libro meno noto rispetto all'antecedente, ma di non minor valore. Come tutte le fiabe nate per i bambini è una lettura che ben si adatta anche agli adulti, densa com'è di atmosfere angosciose, cupe e oniriche che, lette in una chiave precisa, rivelano nevrosi, paure ancestrali e quant'altro: assicuro che molti personaggi in cui s'imbatte Alice non sono dei simpaticoni. L'intenzione di Carroll era quella di scrivere anche questo libro per Alice Liddell come un originale manuale del gioco degli scacchi. Per insegnarglielo, in apertura è posta la scacchiera con la serie dei pezzi e delle mosse e i primi sono inseriti come co-protagonisti della storia e delle vicende con fulminee variazioni di tempo-spazio determinate dallo sviluppo del gioco. Ma il libro non si limita a questo per l'intersecarsi di filastrocche, poesie, personaggi deformi, situazioni assurde che l'uso del non-sense e la "distruzione" della lingua con la costruzione di parole nuove, rendono totalmente parossistiche.
Il primo romanzo si apre in un caldo pomeriggio estivo, sulla sponda di un fiume, mentre il secondo in inverno, in un austero salotto vittoriano: là Alice precipita nella tana del Coniglio Bianco collocata a grande profondità per entrare in uno straordinario mondo sconosciuto e qua vi accede passando attraverso lo specchio di casa sua. Nel primo cambia di dimensione a seconda di quello che mangia o beve, nel secondo cambiano il tempo, lo spazio e le materie si trasformano: da una parte erano carte, qui scacchi. In entrambi interagisce con i personaggi con cui si scontra e che cercano di metterla in confusione. Vive incredibili avventure, terrificanti anche, per poi arrivare al medesimo esito, quello cioè, di APPARENTEMENTE RISVEGLIARSI, come avesse vissuto tutto in un sogno, con l'illusione di poter ricominciare la propia vita come se niente fosse successo, come un qualsiasi altro essere umano che naviga nel mare del proprio io e che, sovente, preferisce pensarlo come un delirio transitorio. Chi pensa che le situazioni di Alice siano gratuitamente caotiche sbaglia perché sono, anzi, perfettamente organizzate, per l'attitudine alla logica dell'Autore che era insegnante di matematica. Carroll è interessato molto alla DUALITA', al GIOCO DEGLI OPPOSTI, alla cosa e al suo contrario. I due libri stessi sono uno lo specchio dell'altro nei loro opposti sia di tempo: estate- inverno, sia di luogo: all'aperto- in casa, le due sorelle-le due gattine: una bianca e una nera. Il Paese delle Meraviglie, Alice crede debba essere l' Australia, cioè la Terra Australis Incognita in cui i satirici, nel '700, collocavano il luogo di norme e regole al rovescio. Nel Mondo dello Specchio, che scopre quando attraversa lo specchio, si trova in una stanza perfettamente simmetrica all'originale ma dove gli oggetti sono tutti vivi. Soprattutto in Alice nel Mondo dello Specchio vengono evidenziati ed estremizzati questi aspetti: esistono le due Regine, una Rossa e una Bianca, caratterialmente l'opposto l'una dell'altra, la scacchiera stessa è composta di due colori, tutti i pezzi degli scacchi sono simmetrici e contrari e ci sono Pizzicotto e Pizzichino (Tweedledum and Tweedledee - modo di dire per persone o cose quasi uguali) che assumono posa speculare e che hanno ricamato sui colletti l'uno "cotto", l'altro "chino" e pronunciano spesso "Viceversa!".
"…Si dice infatti che l'incipit della storia avesse avuto origine dall'incontro dello scrittore con un'altra Alice, una cugina di nome Alice Raikes, con la quale, in una situazione davvero speculare, escogita un giuoco allo specchio. Dopo averle porto un'arancia, Carroll le chiede in quale mano la tenga. Avuta la risposta della bambina, che la stringe nella destra, Carroll la pone davanti allo specchio e quindi le domanda in quale mano si trovi ora. La bambina risponde che si trova nella sinistra e poi, alla domanda del perché del cambiamento di mano, avanza a sua volta una domanda: "Ma se fossi dall'altra parte dello specchio, non continuerei a stringere l'arancia nella mano destra?". Nel giuoco o nella finzione lo specchio, ogni specchio, può essere quindi attraversato, a patto di accettare un mondo alla rovescia dove la sinistra ha preso il posto della destra e così via. Tweedledum e Tweedledee non sono altro che immagini gemellate dallo specchio. Il Re Bianco canta di voler infilare il piede destro nella scarpa sinistra…

In un mondo simile non sorprende nessuna contraddizione logica, come quella che si mangino biscotti per saziare la sete, che si sussurri urlando, che si corra a perdifiato per star fermi, che si vedano colline ampie come vallate…

Non c'è pagina in questo romanzo in cui, come è stato notato più volte, il fuoco della fantasia non venga tenuto sotto stretto controllo da una mente scientifica e analitica, e in cui i paradossi non vengano strutturati ed elaborati sino ad assumere la forma di "straordinari cristalli"…."(6) Concordo con W.H. Auden quando scrive: "…Mi domando se si possa considerare Alice come un simbolo di quel che ogni creatura umana vorrebbe essere. Sono propenso a rispondere affermativamente (…) Superata l'infanzia Alice sa cosa è l'autocontrollo, ha acquisito il senso della propria identità e sa formulare i propri pensieri in maniera logica, senza per questo abbandonare l'immaginazione. Lei naturalmente non si rende conto che la propria identità è più un dono dei genitori che una conquista personale, e che dovrà riperderla nello Sturm und Drang dell'adolescenza e poi al momento di inserirsi nel mondo degli adulti, presa dall'ansia del denaro e dello status sociale …"(7).
Mi piace la considerazione di Carroll per l'infanzia, la sua genuinità, uno stato che lui riferisce alla puerizia ma che io considero senza tempo né età, come una percezione interiore precisa e fortissima che nessuna situazione esterna può condizionare. Per me Alice rappresenta quella essenza pura e intoccabile che si riconduce all'infanzia come momento indicativo, dove tutto è vissuto senza schemi e dove la comprensione delle cose passa attraverso la "sensazione" che rimane dentro di noi, per sempre soffocata da condizionamenti esterni, successivamente interiorizzati, ma che ognuno può ritrovare, se vuole, in qualsiasi momento. E' contemporaneamente l'estrema mancanza di difesa, dove le cose possono assumere connotati terribili ed
enormi che, appunto, ci rimangono impressi per il resto della vita ed è anche tempo in cui si è come si è e, per questo, prezioso nel bene e nel male.
Per me il non senso di Carroll ha molto più senso del buon senso, come se fosse quello che è e
non quello che dovrebbe essere. Io vedo Alice come un fiume: é come l'Acqua, come il fluido primordiale che non ha colore, odore e corposità. E' completa così com'è, priva di pregiudizi e con la volontà di ricercare e scoprire molto semplicemente. E' perfetta nel suo essere capricciosa e nevrotica, perché stordita da una sarabanda di assurdità, perché non riesce a comprendere: come un fiume invade e accoglie quello che incontra, con dolcezza e forza. Imperterrita, si getta nella Tana del Coniglio e passa attraverso lo Specchio e nelle sue parole c'è la voglia e la speranza di tutti noi quando dice:"…C'è un passaggio per entrare nella Casa dello Specchio: se ne vede un pezzo quando si lascia aperta la porta del nostro salotto. E' un passaggio molto simile al nostro, ma al di là di esso deve essere tutto molto differente…"(8).

 

 

 

 


(5) Carroll Lewis, Alice nel mondo dello Specchio,I Classici della BUR, Milano 1992.
(6) Ibidem, Attilio Brilli, Alice non abita più qui, Introduzione.
(7), W. H. Auden, Today's "WonderWorld" Needs Alice, "New York Magazine", 01/07/1962 in Carroll L., Alice nel Paese delle Meraviglie-Testimonianze e Giudizi Critici, BUR, Milano,1978.
(8) Carroll L., Alice nel Mondo dello Specchio, I Classici della BUR, 1992, cap.1.


Illustrazioni.
"Come appaio quando faccio lezione", caricatura di sè stesso di Charles L. Dodgson (Lewis Carroll), introduzione ad Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, BUR,Milano,1978.
Ritratto fotografico di Charles Dodgson (Lewis Carroll), ibidem.
Charles Dodgson (Lewis Carroll),fotografia di Alice Liddell a sei anni, ibidem.
Illustrazione di John Tenniel, Alice nel Mondo dello specchio, BUR,MIlano,1992.
Lewis carroll, disegno dell'Autore di Alice, Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo Specchio,Ed. Einaudi (Gli Struzzi), 1978.