LA CUCINA POVERA DEL FRUTTO DEL CASTAGNO

 

Prima di essere usata per farne farina il frutto, la castagna è consumata in cucina principalmente usata fresca o secca.


Le castagne possono essere cotte in acqua (ballotti) preferibilmente aggiungendovi dei rametti di finocchio per arricchirne il gusto. Una volta raggiunta la loro cottura, si toglie la buccia e la camicia che le riveste e mangiate. Il loro gusto è gradevole ed anche nutriente. Un'altra maniera di cucinarle è arrostirle sulla brace (caldarroste). Le castagne vanno prima incise con un coltellino e messe in una padella forata quindi poste sulle braci. Di tanto in tanto vanno fatte saltare nella padella sino a che non hanno raggiunto un grado omogeneo di abbrustolimento. A questo punto sono tolte dalla padella e racchiuse in un panno, si fa una piccola pressione, strofinandole. Questo è fatto per far distaccare la buccia dalle castagne che rimangono in buona parte pulite e pronte per essere assaggiate. Era ed è ancora in uso spruzzarle con del vino rosso, per aromatizzarle. La castagna, al termine dell'essiccazione, può essere anche cotta. Bollita in acqua con  un poco di sale ha un buon gusto e l'acqua della cottura ( si diceva) aiutava a curare il mal di gola.


Consumo della farina neccia in culinaria


La prima cosa più semplice da fare è la farinata. In acqua portata ad ebollizione si getta lentamente la farina rumandola continuamente. Dopo una diecina di minuti è pronta per essere servita in tavola. Alcuni aggiungono alla farinata un poco di latte.

Simile alla farinata è la polenta neccia. Questa deve essere cotta molto di più sino a raggiungere una certa densità e sarebbe consigliabile cuocerla in un paiolo (come si prepara la polenta di granturco).Una volta cotta si getta su un piano di legno spruzzandovi sopra del formaggio grattugiato, possibilmente di gusto piccante. Per fare le porzioni si taglia con filo di spago.

Un altro uso della farina è farne delle frittelle. Con acqua, farina e un po' di sale fare un impasto non molto denso. Nella padella, una volta raggiunta l'ebollizione dell'olio, si versa con un cucchiaio (dose) l'impasto più volte secondo la grandezza della padella. Va data una cottura ad ambedue le parti. Quando hanno raggiunto la giusta doratura sono pronte per essere tolte e poste ad asciugare su carta gialla o in mancanza su carta assorbante da cucina; dopo di che servite con aggiunta di ricotta.

Un altro modo di cucinare la farina dolce è fare la torta neccia (che in altri posti può assumere altre dominazioni). La preparazione è la solita: amalgamare acqua e farina e un poco di sale fino a farne un impasto né denso né liquido. A questo punto, secondo i gusti, si aggiungono all'impasto: pezzetti di noce o uvetta o pinoli. Si versa il composto in una teglia per un'altezza di 2 cm, si aggiunge sopra un rivolo d'olio d’oliva. Si può cospargere la superficie anche con foglie di rosmarino ed altri pinoli. Si mette la teglia in forno a temperatura di 180° e si lascia cuocere per 40/50 minuti. Una volta cotta si porta in tavola e si taglia in porzioni. E apprezzata da molti con l'aggiunta di ricotta fresca.

.Il castagnaccio è un altro prodotto culinario della farina di castagno. Ha lo stesso impasto delle frittelle o della torta neccia. L'impasto è versato in terrine aventi un diametro di circa 1,5 cm con uno spessore poco inferiore a l,5 cm. Le terrine sono poste in forno per la cottura di circa 10/15 minuti. Una volta tolto dalla terrine il prodotto cotto, si alza la pellicina formata sulla superficie e vi si aggiunge ricotta ricoprendola. Generalmente il castagnaccio era venduto nelle pizzerie nei primi anni '50 perché era necessaria la cottura in un forno a legna. Per questo era tipico delle famiglie contadine che avevano il forno a legna ove avveniva anche la cottura del pane

In forno deve essere anche cotta la schiacciata neccia.  Il consumo di questo alimento, a differenza degli altri prodotti della farina neccia, si è perso. Già negli anni cinquanta erano veramente rari i panifici che la mettevano in vendita. Ricordo in Pescia solo l'alimentari Maraviglia, in Piazza del Duomo, esponeva sul banco questo prodotto venduto a peso. Ricordo che era non molto morbido ma buono e nutriente. Si può fare sempre mescolando acqua e farina con aggiunta di poco sale. L'impasto deve essere lavorato a mano,come il pane, dandogli una certa consistenza ed uno spessore di 1 cm, quindi messo in forno a cottura.

I necci sono quelli fatti con le foglie di castagno (di lontana memoria). Ora le cucine non sono più come quelle di una volta, sono moderne ed il vecchio fuoco a legna o a carbone è scomparso salvo i caminetti che alcune case hanno più per bellezza che per uso di riscaldamento e cottura cibi. Io ho vissuto questo passaggio: ricordo i necci che mio padre faceva con le foglie e non sono paragonabili per gusto a quelli che ora io faccio sempre però con piastre di ferro. Per il neccio con le foglie si adoperava un impasto non molto denso d'acqua (questo è rimasto il medesimo tutt'oggi) farina ed un po' di sale. Sul fuoco erano scaldate delle piastre di sasso speciale temperato al fuoco chiamate testi alti meno di 2 cm e larghi sui 15/20 cm. Era tolto il primo testo dal fuoco e su questo erano stese 3/4 foglie secche di castagno (raccolte in agosto a luna calante) preventivamente messe in acqua per inumidirle. Con un cucchiaio o mestolo si versa sopra una certa quantità d'impasto, su questo ancora 3/4 foglie e infine un secondo testo caldo. Si continua a sovrapporre i testi sino a fare una pila, detta castellina. Questa era contenuta da un attrezzo porta testi di ferro per far sì che la pila non cadesse. Su quella che mio padre aveva si potevano fare due file di testi per 15-20 necci per fila. La quantità d'impasto che era messa variava secondo lo spessore che si voleva dare al neccio, chi lo preferiva più sottile chi più alto. Una volta terminata la pila si attendevano alcuni minuti per la cottura poi la pila era sfatta. Si toglievano i necci dalle foglie da cui erano rivestiti e si mangiavano ben caldi con o senza ricotta. Secondo i gusti potevano essere consumati anche con del pecorino, salcicce o rigatino steso. Erano un pasto completo e di un sapore veramente squisito. Adesso i necci sono fatti sulle cucine moderne a gas con due testi di ferro tenuti da un lungo manico sempre dello stesso metallo. Questi sono ed erano usati al pari di quelli in pietra, che sono quasi scomparsi. Solo in qualche vecchia casa colonica se ne possono trovare alcuni tenendo conto che anche la lavorazione dei testi in pietra è scomparsa. I testi di ferro sono messi sulla fiamma a gas delle nostre cucine per essere scaldati, poi sono unte ambedue le parti che conterranno l'impasto con olio d'oliva tramite della carta (ottima era quella gialla) o anche con una mezza patata dal verso della polpa. Una volta oliata la piastra vi si pone con un largo cucchiaio la dose che si ritiene necessaria, si ricopre con il secondo testo premendovi sopra con un mestolo di legno per dare uno spessore omogeneo all’impasto versato. Ambedue le piastre sono rigirate sotto sopra (alcune volte) per consentire la cottura adeguata alle due parti. Quando si ritiene che l'impasto sia pronto si alza una piastra e si nota il grado di cottura, se è pronto è tolto altrimenti è tenuto ancora il tempo che si ritiene necessario. Per i primi necci occorre più tempo poi, a seguito dell'aumentata temperatura dei testi, si succedono gli uni agli altri in breve tempo. Ricordarsi di oliare in maniera leggera sempre le piastre. Ho provato a fare con queste piastre anche i necci con le foglie ma lo ritengo sconsigliabile. Le foglie per il calore della fiamma iniziano a bruciare nella loro parte esterna, anche se non si arriva alla combustione emettono fumo che dopo il 4° neccio riempie la cucina rendendo insopportabile l'ambiente.

Alcune notizie sono state riprese da " Cenni sulla vita rurale su Pescia e Valdinievole" di Luciano Buralli e Salvadorini Fabrizio. Ed Tamari